La grande e devastante pioggia di questi giorni è un buon modo per osservare, in atto e all’esterno, una rappresentazione iperbolica della piccola ma incessante pioggia quotidiana dei nostri pensieri nella mente. Goccia dopo goccia esondano torrenti, canali e fiumi; pensiero dopo pensiero, la nostra mente si riempie di rigagnoli che disperdono la nostra attenzione attirandola in trappole dolorose, sommergendo la coscienza e suggerendole ogni volta che la verità sta in una semplice percezione momentanea o in un’emozione passeggera.
E’ di grande conforto, sempre per rimanere all’interno della metafora meteorologica, un pensiero buddista, tratto dall’Ittivuttaka (“Così fu detto”, una delle scritture fondamentali del Buddismo Theravada): «Chiunque plachi i pensieri incessanti, come la pioggia fa con una nube di polvere, con la consapevolezza che deriva dal pensiero placato, raggiunge qui e ora la dimora della pace».
Il pensiero placato non è l’assenza di pensiero né il controllo ferreo dell’attività mentale ma l’accoglienza di ciò che compare sul palcoscenico della mente, nel momento in cui vi compare. Se piovono pensieri, osservare le gocce, una dopo l’altra, guardandone le caratteristiche e lasciandole poi cadere giù senza trattenerle o incanalarle, è come guardare tutta la scena al rallentatore e ad altissima definizione. Si scopre che tra una goccia e l’altra c’è un considerevole intervallo di tempo, e che le gocce non sono disposte tutte sullo stesso piano. Questa consapevolezza della singola goccia, del singolo pensiero, si trasforma gradualmente in una strategia di diradamento della pioggia. Forse potremo scoprire che quella che ci sembrava una tempesta tropicale è ora una pioviggine leggera. Forse non è così difficile scoprire che l’effetto pioggia deriva dall’ansia che ci impedisce di considerare una goccia dopo l’altra, in modo tranquillo, e ci mette di fronte a un muro d’acqua che non riusciamo a gestire per il suo enorme impatto. Goccia dopo goccia, momento dopo momento, la percezione cambia, il tempo si dilata, gli spazi vengono invasi da serenità e presenza.
«Non ci riesco, quando mi viene l’ansia, non ci riesco». Certo, se non diluviasse l’esercizio risulterebbe elementare. Invece in condizioni di stress (e di maggiore utilità), il primo esercizio è sempre scegliere di fare l’esercizio. Optare per la singola goccia quando si è nella tempesta è una decisione importante e va nella direzione del cambiamento.
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