Cosa succede quando leggiamo un romanzo e ci facciamo prendere dalla sua trama? Divoriamo le pagine, avanziamo parola dopo parola trasportati dal ritmo che l’autore ha voluto dare ai nostri pensieri, viviamo per qualche minuto o qualche ora in uno stato modificato di coscienza, nel senso che ci infiliamo in una doppia condizione: assenza dalla vita reale e presenza amplificata nelle vicende raccontate dal libro.
E’ piacevole sprofondare tra le pagine di un romanzo, così come nella trama di un film. E’ un po’ come vivere un’esistenza vicaria per un breve lasso di tempo. Specie quando il racconto ci fa sognare trasportandoci in un altro luogo, in un altro modo di vivere, o in un esito diverso (e forse impossibile) di azioni quotidiane già vissute. Ma cosa succederebbe se per qualche ragione le pagine del libro ci causassero soltanto emozioni negative e si ripetessero per tutta la lunghezza del volume? Probabilmente esprimeremmo un giudizio negativo e un po’ stizziti chiuderemmo il libro dopo una manciata di pagine.
Allora perché non riusciamo a farlo con i nostri pensieri?
Immagina di poter accendere un microregistratore digitale nel tuo cervello ogni mattina, appena ti svegli. E’ un apparecchio sofisticatissimo: riesce a memorizzare tutto quello che ti dice la tua voe interna. Arrivato a sera, il dispositivo si spegne. A quel punto immagina di riascoltare tutto quello che ha detto la tua voce mentale nel corso della giornata. Ti ritieni probabilmente una persone intelligente, eppure scopriresti di aver detto a te stesso un’infinita di cose idiote, che a freddo non condivideresti. Con ogni probabilità riconosceresti discorsi ripetitivi, frasi che tornano in continuazione, domande e risposte sempre simili, una specie di stile ricorsivo del discorso interno. Riascoltando la tua voce mentale forse scopriresti quante discussioni inutili, quanti commenti superflui, quanti giudizi pleonastici, quanta paura, quante difese trovano posto tra i tuoi pensieri. Di solito non ce ne accorgiamo. Arriviamo a sera con una sensazione di stanchezza mentale, come se avessimo fatto chissà cosa, eppure se ripercorriamo a ritroso le azioni che abbiamo intrapreso davvero nel corso della giornata, scopriamo che non sono poi così tante. Ciò che ci stanca, ciò che ci taglia le gambe, è il nostro dialogo interno. La voce della paura che usiamo come fosse una voce della sicurezza per interpretare il mondo che ci circonda e le cose che accadono.
La prima buona notizia è che il mondo va avanti anche senza (o nonostante) le nostre faticose elucubrazioni, il che significa che quella voce è pressochè inutile. La seconda buona notizia è che se ci accorgiamo di avere quell’eterno discorso acceso, nella mente, possiamo decidere di ascoltarlo da fuori, come faremmo se esistesse il famoso registratore.
Ascoltare, anzi osservare il fatto che ci parliamo di continuo per riempire il vuoto che ci spaventa è il primo passo per far tacere quella voce. Osserviamo i pensieri che scorrono, ascoltiamo senza giudicare e senza entrare nel merito. Un po’ come se assistessimo a una scena facendo spallucce e dicendo “Embè?”. La voce interna, giorno dopo giorno, comincerà a non portarci più nella spirale della sua trama, smetterà di farci vivere con i suoi ritmi. Lentamente, gradualmente, si spegnerà. Lasciandoci un meraviglioso silenzio mentale, navigabile come un mare calmo e cristallino. Scopriremo che quel vuoto che tanto temevamo è la condizione ideale per far nascere l’azione. Se la realtà entra nella nostra mente così come è, si traduce in azione più facilmente perchè non si infila in una selva oscura di "ma, se, forse, però", in altre parole non si fa arrestare dalle interpretazioni e dai giudizi più di quanto fisiologicamente già accada visto che ogni persona è soggetto dei propri sensi e delle proprie percezioni.
Succederà che potremo continuare a sprofondare nella trama di un romanzo quando sceglieremo di leggere un bel libro e abbandonarci alle sue pagine. Allo stesso tempo però sapremo distinguere la realtà esterna da quella interna, facendoci sorprendere dalla continua diversità di ciò che accade fuori, se avremo imparato a non sprofondare nella trama automatica e ripetitiva dei nostri pensieri quotidiani. Il microregistratore, ogni sera, restituirà soltanto silenzio. E la nostra giornata conterrà meno fatica e più esperienze.
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