sabato 24 dicembre 2011

TRE MOTIVI PER FARSI UN AUGURIO DIVERSO DAL SOLITO


Questa settimana è emotivamente sempre uguale. Tra Natale e Capodanno ci si ciba di marketing della bontà. Luci e regali, funzioni religiose e sospironi, emozioni obbligatorie e tradizioni preconfezionate: a me sembra una sintesi perfetta di come non essere e di come non stare, se si tiene a se stessi.
E’ una settimana-evidenziatore che porta a galla anzi il nostro malessere e le nostre abitudini più inutili. I motivi sono almeno tre.

Il primo è ben sintetizzato da un gioco di parole. Perdono un’occasione coloro i quali non usano il perdono per dono. Tutti presi dall’ansia da regalo, infatti, consideriamo l’offerta materiale come un ticket convenzionale per arrivare al cuore di ci interessa o per assolvere alla funzione sociale del Natale, cioè il riconoscimento di un nucleo di affetti attorno ad alcuni simboli certificati dalla storia e dalla moda. Eppure ci dimentichiamo di fare un regalo alla persona che per ciascuno di noi è più importante: noi stessi. Il più grande regalo che possiamo farci è perdonarci, cioè eliminare i maledetti sensi di colpa che ci legano come cotechini impedendoci di vivere nel presente con consapevolezza. Possiamo scrivere su un foglio di carta tutto ciò per cui ci sentiamo in colpa o le ragioni per le quali abbiamo l’impressione di non meritare la vita che vorremmo. Poi impacchettiamo questo foglio come se fosse un dono e al momento giusto apriamo il pacchetto, rileggiamo ciò che abbiamo scritto e facciamone mille pezzettini o bruciamo tutto liberandocene.

Il secondo motivo è il terribile incrocio tra passato e futuro che questi giorni ben rappresentano. A fine anno sembra impossibile non redigere bilanci, stilare buoni propositi, immaginare scenari. Nostalgia e ansia dominano per qualche minuto o per molte ore il passaggio da un anno all’altro. La questione però è che tutto questo non è più, o non è ancora. Il passato è già passato e il futuro non c’è, in questo momento.  L’unica soluzione è stare qui, adesso, accogliendo le passeggere tristezze e il senso di vuoto e lasciando che la nostra attenzione noti che c’è anche altro.L’unico istante in cui puoi fare qualcosa è quello stesso istante in cui non fai nulla perché sei tutto preso a guardare indietro o a strizzare gli occhi per provare a scorgere contorni indefiniti davanti a te. E mentre lo fai, perdi quell’attimo magico che è il presente. Viceversa, torna al presente con consapevolezza - anche semplicemente respirando e osservando senza suggestioni i piatti, le luci, i colori di queste giornate di festa, che possono stupirti per come sono, invece di spaventarti per come non sono più o ancora - e disinnescherai i ritornelli mentali.

Terzo motivo: l’idea che tutti in questi giorni siano felici e beati è una menzogna sociale e crea un’aspettativa talmente elevata, nella vita dei singoli, che molti si troveranno a combattere con la tristezza solamente perché si confrontano con l’aspirazione di vivere un “Natale perfetto”, da cartolina. Siamo riusciti a creare un mostro: esiste un Natale idilliaco nelle nostre teste, che raramente si declina identico nella vita reale di ciascuno di noi, eppure è in grado di infilare fantasmi e confronti in mezzo ai nostri pensieri, guastandoci l’umore. Quello è più ricco, quello è più felice, quello ha una famiglia migliore, quello sì che è sereno, bei tempi quelli in cui passavo il Natale a casa, quando ero bambino era tutta un’altra cosa, blablabla. Per celebrare un’icona della felicità calpestiamo la felicità vera, che è sempre e soltanto la nostra capacità di stare con le nostre emozioni in questo momento, senza negarle, senza rinunciare ad alcuna di esse.

Il mio personale augurio è per un 2012 che permetta a tutti di smettere di inseguire un’ideale di Sé che soltanto noi vediamo, facendo sforzi infiniti per arrivare sempre più su, sempre più vicini a questo qualcosa che nemmeno sapremmo definire, perché non è un vero obiettivo ma l’illusoria visualizzazione di un’insoddisfazione cronica, che malignamente la nostra mente ci ripropone di continuo come ambizione. Da fuori, chi ci osserva, non capisce, non vede questa bolla sospesa sopra la nostra testa, che tanto ci ossessiona. Vede soltanto quello che facciamo. E di solito quello che facciamo è preoccuparci. Cioè non facciamo alcunchè. Partiamo da qui. Fai qualcosa. Un’azione anche molto piccola. Basta che sia soltanto per te e che ti piaccia davvero.

Un piccolo regalo per  tutti, nel frattempo: su http://lettura.perfortunavivereedifficile.it è a disposizione un'audio interattivo con la lettura del primo capitolo del mio ebook.

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